Esistono varie tipologie di comportamenti impulsivi e/o sregolati: il binge eating disorder, la ludopatia, la dipendenza da fumo, l’abuso di alcol e/o droghe, la dipendenza sessuale…l’elenco potrebbe continuare.
Ma c’è qualcosa in comune tra tutti questi comportamenti? Cosa porta l’essere umano a metterli in atto? Ne abbiamo parlato con il dottor Matteo Monego.
- Quando si parla di comportamenti impulsivi e/o sregolati, a cosa si fa riferimento?
In genere si definiscono impulsivi quei comportamenti che la persona mette in atto senza riflettere sulle conseguenze che tale atto potrebbe comportare. Così un soggetto può agire un comportamento, come ad esempio assumere droghe o abbuffarsi di cibo, senza riflettere su quelli che saranno gli effetti che seguiranno all’azione. Le conseguenze possono essere a volte molto negative per sé e per gli altri: questo aspetto però sembra non essere preso in considerazione o comunque ben tollerato a fronte di un benessere immediato.
In questo senso possono essere considerati comportamenti impulsivi tutti quei comportamenti che apparentemente sfuggono ad un controllo razionale.
- Secondo te un comportamento apparentemente incontrollato (impulsivo o sregolato) può essere frutto di una scelta volontaria? Insomma: l’abbandono cosciente del controllo può essere una scelta consapevole oppure no?
La domanda non è facile, nel senso che in questi anni di attività clinica ho cambiato gradualmente la mia visione (e di conseguenza l’approccio) rispetto a tali comportamenti: nei racconti delle persone che non riescono a controllarsi ricorre spesso una sorta di “utilità” del comportamento stesso. Una mia paziente alle prese con frequenti attacchi di bulimia mi ha descritto in maniera molto chiara quanto le abbuffate le servissero a placare un vuoto interiore, un dolore che, nella sua visione, solo un’abbuffata con conseguente vomito era in grado di placare. E così consumatori impulsivi di cocaina, giocatori impulsivi d’azzardo, soggetti alle prese con rituali di tipo ossessivo-compulsivo come lavarsi più volte le mani, persone incapaci di sottrarsi all’impulso sessuale.
In tutti questi casi penso che non si possa pensare che il comportamento citato sia fuori dal controllo: credo piuttosto che venga messo in atto per un benessere immediato che, appunto, può essere quello di colmare un vuoto o distrarre la mente da pensieri angosciosi.
- Può essere un modo per fuggire da pensieri fastidiosi o più in generale dal disagio? Se sì, perché?
Sì, credo proprio che il meccanismo sia questo: costringere la mente a concentrarsi su qualcosa d’altro, non importa se dannoso o meno, piuttosto che pensare ad una realtà spesso angosciosa.
Una persona che aveva l’impulso del gioco con i videopoker raccontava di sentirsi come rapito nel momento in cui entrava in un bar e cambiava i primi cinquanta euro: era come se perdesse la cognizione del tempo e spesso alla fine si accorgeva di essere entrato con la luce e di essere uscito con il buio. Del resto vi è mai capitato di osservare le persone che giocano nei bar? Sembrano assenti, quasi non guardano le carte, sembrano non riflettere sul gioco e schiacciano i tasti quasi in modo automatico. L’impulso è il brivido del gioco d’azzardo, non il gioco stesso.
- Per esempio, come funziona la consapevolezza nei binge eaters?
I binge eaters sono persone che ricorrono spesso ad abbuffate incontrollate. Nei soggetti con cui ho avuto modo di lavorare, la consapevolezza è maggiore di quello che si possa pensare. L’impulso ad abbuffarsi è spesso molto precedente all’azione: tutto viene pianificato con cura. Dal cibo che si decide di mangiare, ai tempi in cui verrà ingerito (ed eventualmente espulso), al luogo dove verrà acquistato. Spesso vengono scelti supermercati diversi per evitare di essere notati, i cibi vengono acquistati in base alla propria esperienza e alle proprie abitudini (se l’abbuffata finisce nel vomito si sceglieranno cibi che possono essere espulsi con maggiore facilità), gli orari scelti in base alla propria privacy…Insomma, visto da questa prospettiva, il comportamento impulsivo sembra molto ben pianificato perdendo la sua caratteristica di impulsività.
- E in chi consuma alcool o droghe, invece?
Il meccanismo è molto simile anche se nel caso dell’alcool o delle droghe è richiesta una minore pianificazione. In questo caso a colpire è il modo in cui vengono assunte le sostanze, con una sorta di voracità che fa pensare ad un comportamento non casuale (“ho alzato troppo il gomito”), ma ben diretto ad uno scopo: lo stordimento della coscienza.
L’alcool poi ha questa capacità, dopo uno o due cocktail, di farci vedere rosa quello che prima ci sembrava nero fino a portarci a dimenticare quei pensieri negativi presenti nella nostra mente. Lo stesso discorso vale ovviamente per le droghe come cocaina e simili.
Anche la nicotina, da questo punto di vista, assolve alla stessa funzione: crea una sensazione di benessere immediato che ci aiuta a “staccare” dai pensieri. L’unica differenza è che l’effetto è breve e molto superficiale e poco si presta ad allontanare situazioni di sofferenza maggiori.
- Vale anche per comportamenti come l’immersione nella sessualità?
La risposta è sì, il meccanismo è lo stesso: non importa quelle che potrebbero essere le conseguenze, l’importante è la sessualità a tutti i costi, anche con persone che non ci piacciono. E non contano il rischio di malattie, l’eventuale relazione sentimentale in essere, il luogo in cui ci si trova, ecc..
Mi è capitato di lavorare con uomini che, ad esempio, utilizzano la masturbazione come rimedio contro lo stress: anche in questo caso sembra che il bisogno di appagare un istinto sia frutto della razionalità o per lo meno serva ad uno scopo diverso rispetto al soddisfacimento sessuale. Non è ovviamente facile né consigliabile generalizzare, ma diciamo che anche un bisogno forte di sessualità può essere letto nella direzione che ho decritto in questo articolo.
Concludo dicendo che, nella mia esperienza clinica, sforzarsi di vedere simili comportamenti impulsivi come frutto di una scelta più o meno consapevole sia un modo produttivo di affrontarli anziché viverli come frutto del caso o di una incapacità a controllarli.
Provo ad aggiungere un’ulteriore riflessione: e se fosse la rassicurante ripetitività dei comportamenti impulsivi quello che una persona ricerca?